CALCOLOSI URINARIA (NEFROLITIASI)
DEFINIZIONE
La calcolosi urinaria, nota in ambito clinico anche come nefrolitiasi o litiasi renale, è una patologia caratterizzata dalla formazione di aggregati cristallini solidi – comunemente definiti calcoli – all'interno delle vie urinarie.
Queste formazioni possono svilupparsi a livello del rene (compresi i calici e la pelvi renale), dell'uretere, della vescica e, sebbene più raramente, dell'uretra, andando potenzialmente a interessare qualsiasi tratto dell'apparato urinario.
I calcoli si originano a partire da un'alterazione dell'equilibrio chimico-fisico delle urine, laddove la concentrazione di specifici soluti (ioni e composti organici) supera la soglia di solubilità, inducendo la precipitazione e successiva cristallizzazione di sostanze come calcio, ossalato, fosfati, acido urico e, meno frequentemente, cistina o altre molecole.
I calcoli si originano a partire da un'alterazione dell'equilibrio chimico-fisico delle urine, laddove la concentrazione di specifici soluti (ioni e composti organici) supera la soglia di solubilità, inducendo la precipitazione e successiva cristallizzazione di sostanze come calcio, ossalato, fosfati, acido urico e, meno frequentemente, cistina o altre molecole.
Dal punto di vista clinico, la calcolosi urinaria può presentarsi in modo estremamente vario. In alcuni pazienti i calcoli rimangono di piccole dimensioni e non provocano alcun sintomo, venendo espulsi spontaneamente in modo asintomatico.
In altri casi, soprattutto quando uno di essi si sposta ed entra nell'uretere o in aree particolarmente strette delle vie urinarie, può causare una sintomatologia dolorosa molto caratteristica, nota come colica renale. Si tratta di un dolore acuto, violento e spesso intermittente, localizzato nella regione lombare e al fianco, che può irradiare verso l'inguine e i genitali esterni.
A questa manifestazione dolorosa, possono associarsi ematuria (presenza di sangue nelle urine), bruciore durante la minzione, urinare spesso in piccole quantità, nausea, vomito e, nei casi più gravi, segni di infezione (febbre, brividi).
L'ostruzione urinaria protratta e non trattata può favorire complicanze come l'infezione cronica del tratto urinario, l'idronefrosi (dilatazione e sofferenza del rene) e il danno renale progressivo.
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Pertanto, la calcolosi urinaria non è soltanto un semplice accumulo di "sassolini" nelle vie urinarie, ma una condizione complessa e multifattoriale, determinata da svariati fattori costituzionali, metabolici, dietetici, ambientali e genetici.
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La sua corretta identificazione, unitamente alla gestione terapeutica e alla prevenzione delle recidive, risulta cruciale per preservare la funzionalità renale e migliorare la qualità di vita del paziente.
ETIOLOGIA (CAUSE)
La genesi della calcolosi urinaria è il risultato dell'interazione di molteplici fattori di natura metabolica, genetica, alimentare e ambientale, che, alterando il delicato equilibrio tra soluti e solvente nelle urine, portano alla formazione di aggregati cristallini.
In condizioni fisiologiche, i reni filtrano il sangue eliminando le sostanze di scarto in forma solubile.
Tuttavia, quando la concentrazione di alcuni soluti (ioni o molecole) aumenta oltre la soglia di saturazione o si riduce la presenza di inibitori naturali della cristallizzazione, si innesca il processo di precipitazione, aggregazione e, infine, formazione del calcolo.
Le cause più comunemente riconosciute si possono suddividere in cinque categorie principali:
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Alterazioni del bilancio idrico-salino
Una ridotta assunzione di liquidi o condizioni che favoriscono la disidratazione (ad es. climi caldi, intensa sudorazione, diarrea cronica) aumentano la concentrazione dei soluti nelle urine.
Ciò determina un ambiente ideale per la precipitazione di sali come ossalato di calcio, fosfato di calcio, acido urico e, più raramente, altri composti.
L’inadeguato apporto di acqua o la perdita eccessiva di liquidi corporei riducono la diluizione urinaria, facilitando così l’aggregazione cristallina.
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Fattori alimentari
La dieta svolge un ruolo fondamentale. Un regime alimentare ricco di proteine animali, sodio, ossalati (presenti in spinaci, rabarbaro, cacao, noci, tè), purine (derivanti soprattutto da carni rosse, frattaglie, pesce azzurro e selvaggina) aumenta la produzione di metaboliti acidi, innalza i livelli di calcio, ossalati o acido urico nelle urine e modifica il pH urinario.
Questi cambiamenti promuovono la formazione di calcoli, in particolare di ossalato di calcio e acido urico. Inoltre, un apporto eccessivo di sale favorisce la calciuria, cioè l’escrezione urinaria di calcio, incrementando così il rischio di litogenesi.
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Fattori genetici
Alcune condizioni ereditarie determinano un aumento del rischio di formazione di calcoli.
Ad esempio, la cistinuria è una malattia genetica caratterizzata da un difetto nel trasporto di determinati aminoacidi (cistina, ornitina, lisina e arginina) a livello renale e intestinale.
Questo porta a un eccesso di cistina nelle urine, composto scarsamente solubile, che precipita formando calcoli specifici.
Analogamente, altre predisposizioni genetiche possono influenzare il metabolismo del calcio, dell’ossalato o dell’acido urico, incrementando la probabilità di sviluppare nefrolitiasi.
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Condizioni mediche preesistenti e farmaci
Numerose patologie possono alterare la composizione urinaria e predisporre alla calcolosi. L’iperparatiroidismo, per esempio, eleva i livelli di calcio nel sangue e nelle urine, favorendo la formazione di calcoli calcici.
L’ipertiroidismo, la gotta (iperuricemia), le malattie renali (come l’acidosi tubulare renale), la presenza di malassorbimento intestinale (ad es. nella malattia di Crohn o dopo chirurgia bariatrica) possono influire sulla solubilità dei soluti.
Anche patologie oncologiche ematologiche (leucemie, mielomi) e condizioni come la sarcoidosi possono modificare l’equilibrio metabolico.
Infine, l’assunzione prolungata di determinati farmaci o integratori (diuretici tiazidici, eccessi di vitamina D o C, integratori di calcio non bilanciati) può alterare la composizione delle urine o il pH urinario, aumentando il rischio di cristallizzazione.
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Infezioni urinarie ricorrenti
Alcuni microrganismi, in particolare batteri produttori di ureasi (come Proteus, Klebsiella, Pseudomonas), idrolizzano l’urea, aumentando il pH urinario e favorendo la precipitazione di sali di fosfato di ammonio e magnesio (struvite).
Questi calcoli a stampo, spesso voluminosi, complicano ulteriormente il quadro clinico e richiedono trattamenti specifici. Le infezioni croniche rappresentano dunque un circolo vizioso: la presenza del calcolo facilita la stasi urinaria e l’infezione, che a sua volta promuove la formazione di nuovi calcoli.
In sintesi, la comparsa di calcoli è quasi sempre il risultato di una complessa interazione tra fattori dietetici, ambientali, genetici, metabolici e infettivi.
La comprensione di queste cause è fondamentale per indirizzare un approccio terapeutico personalizzato, sia dal punto di vista curativo (trattamento dei calcoli esistenti) che preventivo (correzione dei fattori di rischio e adeguamento dello stile di vita).
ETIOPATOGENESI – FISIOPATOLOGIA
La nefrolitiasi è il risultato finale di un complesso insieme di processi biochimici e fisico-chimici che si verificano all'interno del sistema urinario. In condizioni fisiologiche, l'urina rappresenta una soluzione relativamente stabile, in cui varie sostanze – incluse molecole organiche e inorganiche – coesistono in una forma solubile.
Questo equilibrio è garantito da un delicato bilanciamento tra i fattori che promuovono la cristallizzazione (come il progressivo aumento della concentrazione di soluti) e gli inibitori naturali della formazione di calcoli, presenti nell'urina in quantità e rapporti ottimali.
Tra questi inibitori figurano il citrato, il magnesio, i mucopolisaccaridi e altre sostanze di natura macromolecolare, tutte capaci di legare i potenziali ioni litogeni, riducendo così la tendenza dei cristalli a unirsi e ad aggregarsi.
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La patogenesi della litiasi renale inizia quando, per varie ragioni, si verifica una sovrasaturazione delle urine rispetto a determinati soluti.
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Tale sovrasaturazione può essere dovuta a un aumento della concentrazione di sali minerali (ad esempio calcio, ossalato, acido urico) conseguente a eccessivo assorbimento intestinale, aumentata mobilizzazione dalle ossa, alterato metabolismo o ridotta escrezione, oppure legata a una diminuzione del volume urinario dovuta a scarso apporto idrico, perdita eccessiva di liquidi (attraverso sudorazione, vomito o diarrea) o altre patologie sistemiche.
In queste circostanze, l’ambiente urinario diventa chimicamente instabile e favorisce la nucleazione, cioè la formazione di minuscoli nuclei cristallini.
Questi “semi” cristallini iniziali, se non adeguatamente contrastati dagli inibitori della cristallizzazione, tendono a crescere.
I cristalli infatti si aggregano l’uno con l’altro o con sostanze presenti nelle urine, formando strutture sempre più voluminose.

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L'adesione dei cristalli alle pareti dell'urotelio – specialmente in punti di turbolenza o stasi urinaria, come le zone di angolazione o restringimento dei calici renali e dell'uretere – favorisce l'accumulo di ulteriori strati cristallini, fino alla formazione di un calcolo di dimensioni clinicamente rilevanti.
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Una volta che il calcolo si è formato, la sua migrazione nel tratto urinario inferiore può causare diversi fenomeni patologici.
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Durante il suo passaggio lungo l'uretere, un calcolo può incastrarsi nei punti più stretti (ad esempio, a livello della giunzione pieloureterale o ureterovescicale), ostruendo parzialmente o totalmente il flusso urinario.
L'aumento della pressione a monte dell'ostruzione e la distensione delle pareti ureterali innescano risposte neuromuscolari e infiammatorie responsabili del dolore tipico della colica renale, un dolore intenso, acuto, a carattere intermittente, spesso associato a nausea, vomito e irrequietezza del paziente.
Le ripetute contrazioni dell'uretere, tese a superare l'ostacolo e a spingere il calcolo verso la vescica, intensificano ulteriormente la sintomatologia dolorosa.
Se l'ostruzione non viene risolta, la stasi urinaria può favorire la proliferazione batterica e l'insorgenza di infezioni.
Inoltre, il protrarsi dell'ostruzione nel tempo può condurre a un aumento della pressione intratubulare, alla compromissione della filtrazione glomerulare e, in ultima analisi, al danneggiamento progressivo del parenchima renale.
Tale danno, se non tempestivamente trattato, può evolvere in riduzione permanente della funzione renale.
In sintesi, la fisiopatologia della nefrolitiasi è un processo dinamico e multifattoriale, in cui una iniziale alterazione dell'equilibrio chimico-fisico delle urine si traduce, attraverso la crescita e l'aggregazione dei cristalli, nella formazione di calcoli capaci di provocare dolore intenso, infezioni e danni a lungo termine.
Una comprensione approfondita di questi meccanismi è fondamentale per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate, finalizzate alla prevenzione della formazione dei calcoli, alla facilitazione della loro espulsione e alla protezione della funzione renale.
EPIDEMIOLOGIA: INCIDENZA - PREVALENZA
La calcolosi urinaria rappresenta un problema di salute di rilevanza mondiale, con un'incidenza e prevalenza strettamente correlate a fattori geografici, ambientali, genetici, dietetici e comportamentali.
Studi epidemiologici hanno evidenziato come la formazione di calcoli sia più diffusa in determinate regioni del globo e in particolari sottogruppi di popolazione, riflettendo le influenze complesse esercitate dallo stile di vita moderno, dalle abitudini alimentari e dalla disponibilità di acqua potabile.
Incidenza nella popolazione generale
Si stima che circa il 3% della popolazione globale possa sviluppare la calcolosi urinaria nel corso della vita.
Questa percentuale, tuttavia, può variare considerevolmente in base all'area geografica e alle condizioni socioeconomiche.
Nei paesi con climi caldi e secchi, ad esempio, la maggiore perdita di liquidi corporei e la minore assunzione d'acqua possono favorire una più alta incidenza.
Differenze di genere ed età
L'affezione è più frequente nel sesso maschile, con un rapporto uomo:donna di circa 3:1. Tale disparità può essere imputabile a diversi fattori, tra cui differenze ormonali, abitudini alimentari e metaboliche.
Il picco di incidenza si colloca nella fascia di età compresa tra i 20 e i 40 anni, periodo durante il quale fattori professionali, stili di vita intensi, dieta squilibrata e scarsa idratazione possono contribuire al rischio.
Tuttavia, con l'invecchiamento e le variazioni ormonali post-menopausali, il divario tra uomini e donne tende a ridursi leggermente.
3%
Incidenza globale
Della popolazione può sviluppare calcolosi urinaria
3:1
Rapporto uomo:donna
Maggiore frequenza nel sesso maschile
20-40
Fascia d'età a rischio
Anni, picco di incidenza
Distribuzione delle tipologie di calcoli

Negli Stati Uniti, dove la patologia è stata ampiamente studiata, circa l’85% dei calcoli è di origine calcica (perlopiù ossalato di calcio e, in minor misura, fosfato di calcio), il 10% è costituito da acido urico, il 2% da cistina e la quota restante comprende varianti più rare come struvite, xantina o altri composti insoliti.
Questa distribuzione riflette la prevalenza di specifici disordini metabolici e alimentari, nonché l’influenza dei fattori ambientali.
Influenza dello Stile di Vita e dei Modelli Alimentari
Nei paesi industrializzati, l’adozione di stili di vita sedentari, l’incremento del consumo di proteine animali, sale e alimenti processati e la ridotta assunzione di acqua possono favorire un aumento dell’incidenza della nefrolitiasi.
L’obesità, la sindrome metabolica e i disturbi correlati all’alimentazione moderna rappresentano ulteriori elementi di rischio, contribuendo a una tendenza globale all’incremento dei casi.
ASPETTI CLINICI
La presentazione clinica della calcolosi urinaria è eterogenea e può oscillare tra forme del tutto asintomatiche e crisi dolorose severe.
La variabilità dei sintomi e segni è influenzata da molteplici fattori:
  • la sede di formazione del calcolo (rene, uretere, vescica);
  • le sue dimensioni;
  • la composizione chimica;
  • la mobilità;
  • la presenza di eventuali complicanze (come infezioni o ostruzioni prolungate).
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Forme asintomatiche e scoperta casuale
Alcuni pazienti rimangono a lungo ignari di avere un calcolo. Piccoli aggregati cristallini, spesso definiti “renella”, possono essere espulsi spontaneamente senza causare alcun disagio. Talvolta, la diagnosi avviene in occasione di esami strumentali eseguiti per altre ragioni (ecografie, TAC o radiografie dell’addome) che rilevano inaspettatamente la presenza di calcoli.
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Sintomatologia acuta - Colica renale
Quando un calcolo di dimensioni significative o con forma irregolare migra dall’area renale verso l’uretere, può provocare un’ostruzione parziale o totale.
Questo fenomeno induce la caratteristica colica renale, un dolore acuto, intenso, intermittente, localizzato nella regione lombare e nel fianco, con possibile irradiazione verso l’inguine, i genitali esterni e l’interno coscia. La colica spesso si accompagna a sintomi secondari come nausea, vomito, pallore e sudorazione, nonché a ematuria (sangue nelle urine), conseguente all’irritazione meccanica delle vie urinarie.
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Quadri clinici intermedi
Altri pazienti possono presentare sintomi più lievi e sfumati, come un dolore sordo e non specifico nella regione lombare, aumento della frequenza delle minzioni, bruciore urinario, urina torbida o maleodorante, soprattutto se sono presenti infezioni concomitanti. Queste forme subcliniche possono rappresentare stadi iniziali o transitori della malattia.
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Composizione chimica e sede del calcolo
La tipologia di cristallo che compone il calcolo (ossalato di calcio, acido urico, cistina, fosfato ammonio-magnesiaco/struvite) può influire sul tipo di sintomatologia e sul rischio di complicanze. Ad esempio, i calcoli di struvite, associati a infezioni da batteri produttori di ureasi, tendono a formare grossi aggregati a stampo che possono riempire ampie porzioni del rene, spesso con sintomi cronici e tendenza alla recidiva.
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Recidive e complicanze
La calcolosi urinaria presenta un elevato tasso di recidiva, soprattutto in assenza di modifiche dietetiche e comportamentali o della correzione dei fattori metabolici predisponenti. Ostruzioni prolungate, se non trattate, possono portare a idronefrosi, danneggiamento del parenchima renale e ridotta funzionalità renale nel lungo termine.
SINTOMI PIÙ FREQUENTI
La sintomatologia della calcolosi urinaria varia notevolmente, ma in molti casi si manifesta con una serie di sintomi tipici, facilmente riconducibili a fenomeni ostruttivi o irritativi del tratto urinario
Dolore lombare acuto (colica renale)
Il sintomo maggiormente caratteristico è la colica renale, un dolore di intensità spesso elevatissima, descritto dal paziente come violento, acuto, intermittente e paragonabile a un "colpo di pugnale".
Generalmente, il dolore origina nella regione lombare o costolombare, per poi irradiarsi verso il fianco, l'inguine e, talvolta, i genitali esterni (testicoli nell'uomo, grandi labbra nella donna).
Tale irradiazione riflette il percorso dell'uretere e la condivisione di vie nervose sensoriali.
Le crisi dolorose si manifestano in episodi improvvisi e intensi, alternati a momenti di riduzione o remissione del dolore, e possono essere tanto severe da compromettere le normali attività quotidiane e causare agitazione, pallore e sudorazione.
Ematuria
La presenza di sangue nelle urine è frequente. Può trattarsi di ematuria macroscopica, quando il sangue è visibile a occhio nudo e le urine assumono un colore rosato o rossastro, o di ematuria microscopica, rilevabile solo attraverso l’esame del sedimento urinario.
L’ematuria è determinata dall’irritazione o da microlesioni dell’urotelio causate dal passaggio del calcolo. Non sempre è proporzionale all’intensità del dolore, ma è un segno importante che orienta verso la diagnosi di nefrolitiasi.
Aumentata frequenza urinaria
Il paziente può avvertire la necessità di urinare più spesso del solito, anche se il volume di urina emesso potrebbe non essere significativamente aumentato.
Questa pollachiuria può derivare dall’irritazione delle vie urinarie, soprattutto se il calcolo è localizzato nel tratto ureterale distale o in prossimità della vescica.
La sensazione di necessità frequente di urinare può essere accompagnata da una lieve tensione pelvica o dalla sensazione di incompleto svuotamento vescicale.
Bruciore alla minzione (disuria)
Quando il calcolo è prossimo alla vescica o ne irrita l’urotelio, il paziente può sperimentare un fastidioso bruciore durante il mitto.
Questo sintomo è simile a quello di un’infezione delle vie urinarie, ma in presenza di calcolosi può essere legato allo sfregamento o all’irritazione dei tessuti interni, non necessariamente ad una contaminazione batterica.
Nausea e vomito
Spesso la colica renale, per la sua intensità e per l’attivazione di riflessi neurovegetativi, provoca non solo dolore, ma anche una risposta autonoma con nausea e talvolta vomito.
Questi sintomi gastrointestinali, pur non avendo un’origine diretta nel tratto urinario, ne riflettono il coinvolgimento del sistema nervoso autonomo.
Sintomi Meno Frequenti
Al di là delle manifestazioni più tipiche, esistono sintomi meno comuni o meno specifici, che possono comparire a seconda della posizione del calcolo, della sua grandezza e della durata dell'ostruzione.
Dolore sordo e costante
In presenza di calcoli di grandi dimensioni o con forme particolari, il dolore può assumere un carattere più sordo, continuo e meno intermittente rispetto alla classica colica. In questi casi, l’ostruzione potrebbe non essere completa o la pressione non subire significative variazioni, determinando un dolore più moderato ma persistente.
Questo quadro può verificarsi quando il calcolo è in una posizione relativamente stabile, ma non abbastanza per consentire il normale deflusso dell’urina.
Urina torbida o maleodorante
Se il ristagno urinario favorisce la proliferazione di batteri, oppure se il calcolo è associato a un'infezione delle vie urinarie, l'urina può apparire torbida, con sedimento evidente, e avere un odore sgradevole.
Questo sintomo non è specifico, poiché può verificarsi anche in assenza di calcoli (come in caso di cistiti o infezioni), ma in presenza di altri segni orienta il clinico verso la concomitanza di un processo infettivo.
Dolore testicolare o labiale
Poiché i nervi che innervano il rene e l'uretere condividono percorsi comuni con quelli che si dirigono ai genitali, talvolta il dolore può irradiarsi verso i testicoli nell'uomo o le grandi labbra nella donna.
Anche se meno frequente, questa tipologia di irradiazione può creare confusione diagnostica e richiede un'attenta valutazione per escludere altre patologie (ad esempio, un problema testicolare o ginecologico).
SEGNI OBIETTIVI DELLA MALATTIA
Nel corso della valutazione clinica di un paziente con sospetta calcolosi urinaria, alcuni segni obiettivi possono supportare la diagnosi e guidare la scelta degli esami di approfondimento.
Palpazione dolorosa in sede lombare
Uno dei segni più noti è il dolore evocabile con la palpazione o percussione della regione lombare, in particolare al punto costovertebrale (manovra del Giordano).
La presenza di dolore in questa zona può suggerire un coinvolgimento del rene e del sistema escretore.
Sebbene questo segno non sia specifico, la sua positività in un contesto clinico suggestivo (dolore tipico, possibili alterazioni urinarie) aumenta la probabilità di una patologia litiasica o comunque renale.
Nel caso di calcolosi, l'irritazione delle vie urinarie e la pressione intrarenale elevata possono rendere dolorosa la semplice sollecitazione esterna.
Ematuria all’esame delle urine
Le urine possono essere analizzate mediante test con strisce reattive o analisi microscopica del sedimento.
La rilevazione di globuli rossi nelle urine (ematuria) – siano essi visibili a occhio nudo (ematuria macroscopica) o presenti solo al microscopio (ematuria microscopica) – rappresenta un reperto frequente nella calcolosi urinaria.
L’ematuria è causata dal traumatismo meccanico che il calcolo esercita sulle delicate pareti dell’urotelio durante il passaggio. Anche se non esclusivo della litiasi, l’ematuria in presenza di dolore tipico orienta verso questa diagnosi.
Reperto ecografico o radiologico di calcoli e dilatazione delle vie urinarie
Le indagini strumentali svolgono un ruolo chiave nell’individuazione dei calcoli. L’ecografia renale e vescicale è spesso il primo esame di imaging non invasivo per valutare la presenza di dilatazione delle vie urinarie, segno di un’ostruzione a monte.
La radiografia dell’addome o la TC (Tomografia Computerizzata) addominale possono confermare la presenza dei calcoli, identificarne la posizione, la dimensione e talvolta la composizione (i calcoli calcici sono in genere radiopachi, mentre quelli a base di acido urico sono radiotrasparenti e meglio visibili in TC).
La dilatazione delle vie urinarie – che può interessare il rene (idronefrosi), gli ureteri (idrouretere) o entrambi – è un segno di stasi e ostacolo al deflusso, tipico di una litiasi che impedisce il normale scorrere dell’urina.
COMPLICANZE
Se non trattata o affrontata tempestivamente, la calcolosi urinaria può dare luogo a una serie di complicanze, talvolta gravi, che mettono a rischio la funzione renale e la salute generale del paziente.
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Infezioni delle vie urinarie
L’ostruzione e il ristagno delle urine a monte di un calcolo costituiscono un ambiente favorevole alla proliferazione batterica. Questo può portare a infezioni che, se trascurate, possono evolvere da semplici cistiti a pielonefriti (infezione del rene), fino a complicanze più severe come gli ascessi renali o setticemia. La presenza di febbre, brividi e dolore lombare associata a un sospetto quadro litiasico deve far pensare a una sovrapposizione infettiva.
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Idronefrosi e idrouretere
Un calcolo che ostruisce parzialmente o completamente il deflusso urinario determina l’aumento della pressione all’interno del sistema collettore, con conseguente dilatazione progressiva dei calici e della pelvi renale (idronefrosi) e degli ureteri (idrouretere). Nel tempo, questa condizione di pressione elevata danneggia il parenchima renale, riducendo la funzionalità del rene. L’idronefrosi, se non corretta, può portare a un danno renale irreversibile.
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Compromissione funzionale renale
Il protrarsi dell’ostruzione e delle eventuali infezioni può causare danni significativi al rene. La riduzione della filtrazione glomerulare si manifesta con un peggioramento dei parametri ematochimici (aumento della creatinina e dell’azotemia), indicativi di insufficienza renale. In casi estremi, la perdita funzionale può essere permanente, limitando la capacità dell’organismo di eliminare le scorie metaboliche.
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Calcoli a stampo
Alcuni tipi di calcoli, come quelli di struvite (fosfato ammonio-magnesiaco), tendono a formarsi in presenza di infezioni croniche da batteri ureasi-produttori (p. es. Proteus). Questi calcoli possono assumere forme irregolari, aderire alle pareti renali e assumere le dimensioni dello stesso bacinetto renale, creando una sorta di “stampo” della pelvi. I calcoli a stampo sono particolarmente difficili da trattare, richiedono spesso terapie complesse e sono associati a un elevato rischio di recidiva.
DECORSO CLINICO ED EVOLUZIONE
La calcolosi urinaria presenta un’evoluzione clinica estremamente variabile e influenzata da numerosi fattori, quali la tipologia del calcolo, la sua composizione chimica, le dimensioni, la sede anatomica in cui si forma e si localizza, nonché le condizioni metaboliche, genetiche e ambientali del paziente.
In generale, il decorso può essere suddiviso in fasi che vanno dalla formazione silente del calcolo alla comparsa di sintomi acuti, fino alle eventuali complicanze croniche.
Evoluzione e comparsa dei sintomi acuti
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Formazione iniziale e stadio asintomatico
Molti calcoli si sviluppano senza che il paziente ne sia consapevole, soprattutto quando le dimensioni sono inizialmente molto ridotte. In questa fase, il cristallo o i microcalcoli (renella) possono rimanere all’interno dei reni o delle vie urinarie senza causare sintomi rilevabili. La scoperta può essere del tutto fortuita, ad esempio durante esami strumentali eseguiti per altri motivi.
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Evoluzione e comparsa dei sintomi acuti
Un piccolo calcolo (con diametro ≤5 mm) può essere espulso spontaneamente grazie al flusso urinario e alle contrazioni peristaltiche dell’uretere. Questo processo può richiedere giorni o alcune settimane. Quando però il calcolo cresce di dimensioni o si muove in zone più strette del tratto urinario (come la giunzione pieloureterale, l’incrocio con i vasi iliaci o la giunzione ureterovescicale), può indurre coliche renali di intensità variabile.
I sintomi acuti tipici – dolore lombare o costolombare, irradiazione all’inguine, ematuria, nausea e vomito – emergono nel momento in cui il calcolo ostruisce parzialmente o totalmente il deflusso dell’urina, aumentando la pressione intraluminale e irritando le pareti ureterali.
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Trattamento e risoluzione dell’episodio acuto
Per i calcoli di dimensioni intermedie o maggiori, l’espulsione spontanea è meno probabile. In questi casi è spesso necessario ricorrere a strategie terapeutiche specifiche:
  • Approcci farmacologici: somministrazione di alfa-bloccanti per facilitare la discesa del calcolo, antispastici, analgesici per il controllo della colica, e in alcuni casi agenti alcalinizzanti delle urine (per i calcoli di acido urico).
  • Terapie fisiche e chirurgiche: la litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL) permette di frammentare calcoli di dimensioni moderate, facilitandone l’espulsione. I calcoli più voluminosi, complessi o localizzati in sedi non accessibili all’ESWL possono richiedere interventi endoscopici (ureteroscopia con litotrissia laser) o, in casi particolarmente difficili, procedure percutanee o chirurgia tradizionale a cielo aperto.
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Rischio di recidiva e prevenzione a lungo termine
Il percorso clinico della nefrolitiasi non si esaurisce con la sola eliminazione del calcolo. Senza interventi preventivi mirati, il rischio di formazione di nuovi calcoli rimane elevato, con tassi di recidiva che possono superare il 50% a distanza di alcuni anni.
Una gestione ottimale del decorso implica quindi la correzione dei fattori predisponenti, come modifiche della dieta, adeguato apporto idrico, riduzione di sostanze promotrici di cristallizzazione, controllo di eventuali patologie metaboliche (iperparatiroidismo, ipercalciuria, iperossaluria, iperuricemia) e monitoraggio della funzionalità renale nel tempo.
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Complicanze a lungo termine
Se non trattata adeguatamente, l’ostruzione cronica delle vie urinarie può determinare un progressivo danno renale. La stasi urinaria persistente favorisce non solo lo sviluppo di infezioni ricorrenti, ma anche la comparsa di idronefrosi, un aumento della pressione intratubulare e, con il passare del tempo, un peggioramento irreversibile della funzione renale. Tale compromissione può condurre a insufficienza renale, con ripercussioni significative sulla qualità di vita e sulla sopravvivenza del paziente.
DIAGNOSI CLINICA
La diagnosi clinica della nefrolitiasi poggia su un’attenta integrazione tra anamnesi, esame obiettivo e una selezione mirata di esami di laboratorio e strumentali.
Una valutazione clinica accurata è essenziale per distinguere la calcolosi da altre condizioni che possono provocare sintomi simili (coliche biliari, appendicite, diverticolite, dolore muscolo-scheletrico lombare, infezioni urinarie isolate).
Anamnesi
Il primo passo consiste nella raccolta di una storia clinica dettagliata. Il medico indaga sulla natura e sull’intensità del dolore, sulla sua localizzazione e irradiazione, sulle circostanze di insorgenza e sui fattori che lo aggravano o lo alleviano. Viene valutato il regime alimentare (apporto di liquidi, presenza di diete iperproteiche o ricche di ossalati, eccesso di sale), l’eventuale uso di farmaci o integratori, la presenza di patologie renali o metaboliche, le abitudini di vita (sedentarietà, attività fisica) e la storia familiare di calcolosi. L’anamnesi è fondamentale anche per identificare sintomi associati, come ematuria, cambiamenti nelle abitudini minzionali, nausea, vomito o febbre, che possono orientare verso la natura del problema e il suo stadio di progressione.
Esame obiettivo
Durante la visita, il medico valuta lo stato generale del paziente, la presenza di febbre, segni di disidratazione o ipovolemia. La palpazione e la percussione della regione lombare e costovertebrale consentono di apprezzare reazioni dolorose, come il segno del Giordano, indicative di un interessamento renale o di un processo irritativo del sistema urinario superiore. L’osservazione dell’aspetto del paziente, spesso irrequieto e in cerca di una posizione antalgica, fornisce ulteriori spunti: il dolore da colica renale è tipicamente così intenso e intermittente da non migliorare in modo significativo con il semplice cambiamento di postura.
DIAGNOSI LABORATORISTICA
L’iter diagnostico per la calcolosi urinaria non si limita alla sola anamnesi ed esame obiettivo, ma si avvale di un ampio spettro di analisi di laboratorio volte a comprendere la composizione delle urine, la presenza di markers di infezione, le alterazioni metaboliche e l’eventuale impatto sulla funzionalità renale.
Questi esami consentono di delineare un quadro metabolico-urinario completo, fondamentale non solo per confermare la diagnosi, ma anche per identificare i fattori di rischio da correggere e monitorare nel tempo.
Analisi delle urine
L’esame delle urine riveste un ruolo cruciale. In primo luogo, consente di rilevare la presenza di ematuria, elemento spesso associato alla calcolosi, poiché il passaggio del calcolo può irritare o lesionare la mucosa del tratto urinario. Inoltre, la determinazione del pH urinario risulta essenziale: un pH acido può favorire la formazione di calcoli di acido urico, mentre un pH più alcalino può favorire calcoli di fosfato di calcio o struvite.
La valutazione della cristalluria (presenza di cristalli nel sedimento urinario) fornisce informazioni dirette sulla natura dei soluti che precipitano: ad esempio, i cristalli di ossalato di calcio, a forma di envelope o di dumbbell, indicano una predisposizione verso questa tipologia di calcoli. Analogamente, la misurazione delle concentrazioni di calcio, ossalato, acido urico, citrato e altri soluti è indispensabile per comprendere i meccanismi alla base della litogenesi.
Il citrato, ad esempio, è un inibitore naturale della cristallizzazione del calcio: livelli ridotti di citrato urinario (ipocitraturia) incrementano il rischio di formazione di calcoli calcici. L’identificazione di tali squilibri consente di intervenire su dieta, assunzione di liquidi o terapia farmacologica, con l’obiettivo di correggerli.
Urinocoltura
In presenza di segni clinici o sintomi suggestivi di infezione (febbre, urine torbide, dolore sovrapubico, brividi), l’urinocoltura diviene fondamentale per individuare l’eventuale agente patogeno e stabilire una terapia antibiotica mirata.
L’associazione tra calcolosi e infezioni delle vie urinarie è nota, poiché i calcoli possono favorire la stasi urinaria e fornire un substrato idoneo alla proliferazione batterica. L’urinocoltura permette di rilevare la presenza di batteri ureasi-produttori (come Proteus), responsabili della formazione di calcoli di struvite.
Esami ematochimici
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L’analisi del sangue comprende la valutazione di numerosi parametri utili alla gestione del paziente con nefrolitiasi. L’azotemia e la creatinina forniscono indicazioni sulla funzionalità renale: un aumento di questi valori suggerisce una riduzione della filtrazione glomerulare, potenzialmente legata a un’ostruzione cronica causata dal calcolo.
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Il dosaggio di calcio, fosforo, acido urico ed elettroliti plasmatici consente di individuare alterazioni metaboliche predisponenti alla formazione di calcoli (es. ipercalciuria in caso di iperparatiroidismo, iperuricemia in pazienti con gotta). L’emocromo permette di cogliere la presenza di uno stato infiammatorio o infettivo (leucocitosi) e la VES o PCR possono fornire ulteriori indicazioni di un eventuale processo infiammatorio in atto.
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In sintesi, la diagnosi laboratoristica è uno strumento imprescindibile per comprendere le cause, i meccanismi e le conseguenze della calcolosi urinaria, permettendo così di impostare una strategia terapeutica personalizzata e di monitorare l’efficacia dei provvedimenti adottati.
DIAGNOSI STRUMENTALE
La definizione morfologica e localizzativa dei calcoli e delle alterazioni anatomiche associate richiede metodiche di imaging.
Queste consentono una visualizzazione diretta o indiretta del calcolo, la valutazione del grado di dilatazione del sistema escretore e l’identificazione di eventuali anomalie anatomiche predisponenti.
Ecografia renale e vescicale
L’ecografia è spesso la prima indagine strumentale eseguita poiché non invasiva, priva di radiazioni ionizzanti e facilmente disponibile.
È particolarmente utile per individuare segni indiretti di ostruzione (idronefrosi, idrouretere) e, in alcuni casi, per visualizzare i calcoli stessi, soprattutto se radiopachi e situati in posizioni ecograficamente favorevoli (come nella pelvi renale o nella vescica).
Tuttavia, la sensibilità dell’ecografia nel rilevare calcoli ureterali di piccole dimensioni è limitata. Nonostante i suoi limiti, rappresenta comunque un ottimo esame di screening e monitoraggio.
Radiografia dell’addome (RX diretta)
La radiografia dell’addome a vuoto (senza mezzo di contrasto) può rivelare la presenza di calcoli radio-opachi, in particolare quelli a base calcica.
Non è invece utile per identificare calcoli radiotrasparenti (acido urico, cistina). È un esame rapido e a basso costo, ma la sua utilità è limitata dalla scarsa sensibilità ai calcoli non calcici e dalla possibile sovrapposizione delle ombre ossee o intestinali.
TC addome senza contrasto (URO-TC)
La TC addome senza mezzo di contrasto è considerata il “gold standard” per la diagnosi di nefrolitiasi. Grazie alla sua altissima sensibilità e specificità, è in grado di rilevare praticamente tutti i tipi di calcoli, indipendentemente dalla loro composizione chimica, dimensione o localizzazione.
La TC fornisce inoltre informazioni dettagliate sulla dimensione precisa del calcolo, la densità, la posizione lungo l’apparato urinario e le eventuali anomalie anatomiche circostanti. L’uso della TC consente di programmare con precisione l’approccio terapeutico più adeguato, valutando ad esempio la probabilità di espulsione spontanea, la necessità di litotrissia extracorporea o endoscopia, e monitorare l’evoluzione del calcolo nel tempo.
Nonostante l’esposizione a radiazioni sia un aspetto da considerare, i protocolli a bassa dose hanno ridotto significativamente il carico radiologico, rendendo la TC senza contrasto un’opzione sicura e affidabile nella maggior parte dei pazienti.
In definitiva, la combinazione di ecografia, radiografia e TC consente una valutazione completa e approfondita: l’ecografia offre un primo sguardo non invasivo, la radiografia può verificare la presenza di calcoli calcici, e la TC fornisce una mappa dettagliata, permettendo di stabilire con esattezza il piano terapeutico e di seguire l’evoluzione del quadro clinico nel tempo.
DIAGNOSI ALTRO
Oltre agli esami già descritti (laboratoristici e strumentali), la diagnosi della calcolosi urinaria può avvalersi di ulteriori metodiche e strumenti complementari, utili soprattutto nella definizione della strategia terapeutica e preventiva a lungo termine.
Analisi del calcolo espulso
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Nel caso in cui il paziente riesca a raccogliere un calcolo spontaneamente espulso (o frammenti di esso dopo litotrissia), l’analisi chimico-strutturale rappresenta uno strumento diagnostico di inestimabile valore.
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Questa valutazione, eseguita in laboratori specializzati, permette di identificare con precisione la composizione del calcolo (es. ossalato di calcio, fosfato di calcio, acido urico, cistina, struvite o tipi più rari).
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Comprendere la tipologia del calcolo consente di orientare con maggior efficacia l’intervento preventivo: ad esempio, la correzione dell’alimentazione, l’impiego di farmaci che alcalinizzano le urine, il controllo di specifiche patologie metaboliche sottostanti, o la riduzione dell’apporto di determinati nutrienti.
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Sapere che il calcolo è composto soprattutto da acido urico suggerirà di intervenire sul pH urinario e sull’introito proteico, mentre la prevalenza di ossalato di calcio può portare a limitare cibi ricchi di ossalati o a gestire l’assunzione di integratori di vitamina C e di calcio in modo più razionale. Una precisa classificazione della composizione del calcolo consente dunque di ridurre sensibilmente il rischio di recidive, impostando misure profilattiche mirate e personalizzate.
Urografia endovenosa (UIV)
Prima dell’avvento della TC a bassa dose come standard diagnostico, l’urografia endovenosa era una metodica largamente utilizzata per lo studio morfologico e funzionale dell’apparato urinario. Pur essendo oggi meno comune, l’UIV può ancora trovare impiego in casi selezionati.
Essa prevede l’iniezione di un mezzo di contrasto iodato per via endovenosa, seguito da una serie di radiografie seriate che mostrano il decorso delle vie urinarie, la loro pervietà e la capacità di concentrazione e escrezione del rene.
In presenza di un calcolo, l’UIV può fornire indicazioni sul livello dell’ostruzione, il tempo di transito del mezzo di contrasto, l’eventuale presenza di malformazioni anatomiche o stenosi.
Tuttavia, considerata l’elevata accuratezza, la rapidità e l’assenza di mezzo di contrasto della TC senza contrasto, l’urografia è ormai una seconda scelta, riservata a particolari situazioni in cui le informazioni funzionali siano di particolare interesse o quando la TC non sia disponibile o non indicata.
In definitiva, questi metodi supplementari di diagnosi consentono di aggiungere tasselli fondamentali alla comprensione del quadro clinico. L’analisi del calcolo fornisce una base solida per la prevenzione delle recidive, mentre l’urografia, seppur meno utilizzata, può ancora offrire informazioni funzionali di rilievo in casi selezionati.
DIAGNOSI DIFFERENZIATA
Nel sospetto di nefrolitiasi, è fondamentale considerare anche altre patologie che presentano un quadro clinico parzialmente sovrapponibile.
Una valutazione differenziale attenta permette di evitare errori diagnostici e di intraprendere tempestivamente la terapia adeguata.
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Colica biliare
La colica biliare è causata dalla migrazione di calcoli della colecisti verso il coledoco. Il dolore si localizza tipicamente nell’epigastrio e nel quadrante superiore destro dell’addome, con possibili irradiazioni alla spalla destra.
A differenza della colica renale, il dolore biliare non si irradia tipicamente verso l’inguine e non è associato a ematuria.
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Appendicite
L’appendicite presenta dolore inizialmente periumbelicale, che successivamente si localizza nella fossa iliaca destra. È spesso accompagnata da febbre, leucocitosi e altri segni di irritazione peritoneale. L’assenza di ematuria e la diversa localizzazione del dolore aiutano a distinguerla dalla nefrolitiasi.
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Diverticolite
La diverticolite, soprattutto quella del sigma, provoca dolore localizzato nel quadrante inferiore sinistro dell’addome, talvolta accompagnato da febbre, alterazioni dell’alvo (diarrea o stitichezza) e leucocitosi. La presenza di sintomi gastrointestinali spiccati e l’assenza di segni urinari specifici (ematuria, colica tipica) orientano verso un problema intestinale piuttosto che urinario.
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Dolore muscoloscheletrico lombare
La lombalgia di origine muscoloscheletrica può simulare la colica renale, ma in genere il dolore è più costante, può variare con la postura o il movimento, e non è associato a ematuria né a disturbi urinari. Il dolore muscolare migliora con il riposo e, spesso, con l’applicazione di calore o terapie fisiche.
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Infezione urinaria semplice (cistite)
Pur presentando bruciore alla minzione, urgenza e frequenza minzionale, la cistite semplice si distingue per la minore intensità del dolore, che raramente raggiunge i livelli della colica renale, e per l’assenza del dolore lombare tipicamente irradiato. Inoltre, l’ematuria nella cistite è meno comune e i sintomi gastrointestinali (nausea e vomito) sono più rari.
La corretta diagnosi differenziale si fonda sull’integrazione di anamnesi, esame obiettivo, test di laboratorio e diagnostica per immagini, consentendo di identificare con precisione la calcolosi urinaria e di distinguerla da altre condizioni potenzialmente confuse con essa.
TRATTAMENTO E TERAPIA
La terapia della calcolosi urinaria è finalizzata al controllo del dolore acuto, alla facilitazione dell’espulsione dei calcoli, alla prevenzione delle recidive e alla preservazione della funzionalità renale nel lungo periodo.
L’approccio terapeutico è multimodale e personalizzato, basato sulla dimensione, sulla composizione chimica del calcolo, sulla presenza di sintomi, complicanze e sulle condizioni cliniche generali del paziente.
Gestione del dolore acuto

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Il trattamento sintomatico del dolore (colica renale) rappresenta una priorità. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono spesso di prima scelta, poiché riducono non solo il dolore, ma anche la risposta infiammatoria locale.
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Gli analgesici oppioidi possono essere impiegati qualora il dolore non risponda ai FANS. Gli antispastici, limitando le contrazioni spastiche dell’uretere, possono in alcuni casi alleviare il dolore, sebbene la loro efficacia sia meno consolidata.
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Il controllo adeguato del dolore è essenziale per migliorare il comfort del paziente, prevenire il circolo vizioso dolore-spasmo-dolore e favorire una possibile espulsione spontanea del calcolo.
Terapia idropinica e dietetica
L’aumento dell’assunzione di liquidi (es. acqua oligominerale) è un presidio fondamentale per diluire l’urina, favorendo la mobilizzazione dei piccoli calcoli e riducendo il rischio di ulteriore cristallizzazione.
L’obiettivo è mantenere un volume urinario giornaliero superiore a 2-2,5 litri, aumentando così la probabilità di espellere calcoli di piccole dimensioni (≤5 mm) in modo spontaneo.
Dal punto di vista dietetico, si raccomanda di limitare il consumo di proteine animali, sale, alimenti ricchi di ossalati (spinaci, cacao, tè, noci, barbabietole) e purine (frattaglie, sardine, acciughe, carne rossa in eccesso).
Una dieta equilibrata, ricca di frutta e verdura, associata a un apporto adeguato di calcio alimentare (per evitare un aumento dell’assorbimento intestinale di ossalati) può ridurre la propensione alla formazione di nuovi calcoli.
Terapia farmacologica mirata
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La scelta del farmaco dipende dalla composizione chimica dei calcoli e dalle alterazioni metaboliche del paziente.
Ad esempio, nei pazienti con calcoli di acido urico, l’alcalinizzazione delle urine con citrato di potassio o bicarbonato di sodio contribuisce a sciogliere il calcolo e prevenirne la formazione.
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Nei casi di ipercalciuria idiopatica, l’impiego di diuretici tiazidici può ridurre l’escrezione di calcio nelle urine, limitando così la formazione di calcoli di ossalato o fosfato di calcio. L’ipocitraturia, una condizione in cui il citrato urinario è ridotto, può essere corretta con integrazioni di citrato di potassio, incrementando così la capacità dell’urina di inibire la cristallizzazione.
Interventi minimamente invasivi e chirurgici
Quando la dimensione o la posizione del calcolo impediscono un’espulsione spontanea o i farmaci non sono sufficienti, si ricorre a procedure mirate a frantumare o rimuovere il calcolo.
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Litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL):
È una procedura non invasiva che utilizza onde d’urto focalizzate per frammentare il calcolo in frammenti più piccoli, facilmente eliminabili con le urine. È indicata per calcoli di piccole- medie dimensioni, ben localizzati nel rene o nell’uretere prossimale. L’ESWL è poco dolorosa e spesso eseguibile in regime ambulatoriale.
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Ureteroscopia e litotrissia endoscopica:
Consiste nell’introduzione di un endoscopio flessibile o rigido attraverso l’uretra e la vescica, risalendo fino all’uretere e al rene, per visualizzare e frantumare il calcolo con laser o altre fonti di energia. Questa metodica è indicata per calcoli ureterali non trattabili con ESWL o per localizzazioni in cui l’ESWL ha fallito. L’ureteroscopia consente anche la rimozione diretta dei frammenti con appositi cestelli o pinze.
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Nefrolitotomia percutanea:
In presenza di calcoli renali voluminosi (solitamente >2 cm), complessi o a stampo, si ricorre alla nefrolitotomia percutanea. Attraverso un piccolo accesso creato nella regione lombare, si inserisce uno strumento endoscopico direttamente nel rene, frantumando il calcolo sul posto e aspirandone i frammenti.
Questa procedura, più invasiva dell’ESWL o dell’ureteroscopia, garantisce un’elevata percentuale di clearance completa del calcolo ed è particolarmente utile per calcoli di difficile gestione o composizione non adatta alle altre tecniche.
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Chirurgia a cielo aperto:
Ormai rara e riservata a casi eccezionali, la chirurgia tradizionale open trova indicazione solo quando tutte le altre opzioni terapeutiche minimamente invasive risultano impraticabili o hanno fallito. Può essere utilizzata per calcoli estremamente complessi, malformazioni anatomiche o situazioni cliniche particolari.
Prevenzione delle recidive
Una volta risolto l’episodio acuto, la prevenzione a lungo termine è di fondamentale importanza, poiché la calcolosi urinaria ha un’elevata tendenza alla recidiva. Le misure preventive comprendono:
  • Modifiche dello stile di vita: attività fisica regolare, corretta idratazione, riduzione dello stress.
  • Dieta appropriata: ridurre l’assunzione di sale, proteine animali, alimenti ricchi di ossalati, aumentare il consumo di frutta e verdura, garantire un adeguato apporto di liquidi.
  • Trattamento di patologie sottostanti: iperparatiroidismo, gotta, malattie metaboliche, acidosi tubulare renale, disturbi assorbitivi intestinali.
  • Supplementazione o correzione farmacologica: citrato di potassio, diuretici tiazidici, bicarbonato di sodio, o altre terapie mirate alla composizione chimica del calcolo identificata.
In sintesi, la terapia della calcolosi urinaria è altamente individualizzata, combinando la gestione acuta del dolore, il supporto dietetico e farmacologico, le procedure minimamente invasive o chirurgiche per la rimozione dei calcoli e la prevenzione attiva delle recidive. Una strategia integrata, che consideri l’intero spettro della malattia – dall’eziologia alla correzione dei fattori predisponenti – garantisce i migliori risultati clinici e riduce sensibilmente l’impatto della calcolosi urinaria sulla qualità di vita del paziente.
PROGNOSI
La prognosi della calcolosi urinaria dipende strettamente dalla tempestività della diagnosi, dall’adeguatezza del trattamento e dalla capacità di identificare e correggere i fattori predisponenti.
In genere, quando i calcoli sono di piccole dimensioni (≤5 mm) e vengono individuati in una fase precoce, la maggior parte può essere espulsa spontaneamente grazie a misure conservative, come un’adeguata idratazione e la terapia del dolore, senza lasciare danni permanenti all’apparato urinario.
In questi casi, il paziente ha buone probabilità di riprendere rapidamente le normali attività e ritornare a uno stato di pieno benessere.
Tuttavia, la calcolosi urinaria è caratterizzata da una spiccata tendenza alla recidiva, soprattutto se non si interviene sulle cause che ne favoriscono la comparsa.
Se non si adottano strategie preventive mirate – come modifiche della dieta, incremento dell’assunzione di liquidi, controllo di patologie metaboliche (ad esempio iperparatiroidismo, acidosi tubulare renale, iperossaluria) o correzione di alterazioni anatomiche – il rischio di nuovi episodi aumenta sensibilmente. In una percentuale non trascurabile di pazienti, la formazione di calcoli è un evento ricorrente, che può ripresentarsi anche a distanza di mesi o anni.
Un altro aspetto cruciale nella prognosi è la gestione delle complicanze. Un calcolo che ostruisce parzialmente o totalmente l’uretere, impedendo il regolare deflusso dell’urina, se non trattato, può generare un aumento della pressione all’interno del sistema escretore renale (idronefrosi), danni progressivi al parenchima renale e, nel lungo termine, un deterioramento irreversibile della funzione renale.
In questi casi, la prognosi può essere severamente compromessa, sia dal punto di vista funzionale (riduzione della filtrazione glomerulare e insufficienza renale cronica) sia da quello della qualità di vita.
Pertanto, una prognosi favorevole non dipende esclusivamente dalla risoluzione dell’episodio acuto, ma anche dall’efficacia delle misure preventive e del monitoraggio continuo. I controlli periodici (analisi delle urine, ecografie di screening e, se necessario, TC di follow-up) permettono di intervenire tempestivamente su nuovi calcoli di piccole dimensioni prima che diventino sintomatici o provochino complicazioni.
L’educazione del paziente è fondamentale: comprendere i propri fattori di rischio, rispettare le indicazioni dietetiche, garantire un’adeguata idratazione, aderire ai trattamenti farmacologici prescritti e monitorare regolarmente la funzione renale sono tasselli imprescindibili per ottimizzare la prognosi a lungo termine.
PUNTI CHIAVE
La calcolosi urinaria è una condizione complessa e multifattoriale, che richiede un approccio diagnostico e terapeutico rigoroso e personalizzato. Alcuni elementi chiave consentono di comprendere meglio la patologia e le strategie per affrontarla:
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Origine multifattoriale
La formazione dei calcoli è influenzata da un insieme di variabili: dieta (eccesso di proteine, sale, ossalati, purine), scarso apporto di liquidi, predisposizioni genetiche, alterazioni metaboliche (iperparatiroidismo, iperossaluria, ipocitraturia, iperuricemia), fattori anatomici e ambientali.
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Sintomo cardine: la colica renale
Il dolore acuto, intenso e intermittente al fianco, irradiato verso inguine e genitali, spesso accompagnato da nausea, vomito ed ematuria, è il segno clinico più tipico della nefrolitiasi. L’elevata intensità della colica renale la rende un problema di pronto rilievo clinico.
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Diagnosi integrata
La definizione della diagnosi avviene attraverso l’integrazione di anamnesi, esame obiettivo, test di laboratorio (analisi delle urine, esami ematochimici) e diagnostica strumentale (ecografia, radiografia, TC). L’analisi chimica del calcolo espulso e, in casi selezionati, l’urografia endovenosa completano il quadro.
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Strategie terapeutiche versatili
Dall’idratazione e dalle modifiche dietetiche, passando per la terapia farmacologica e la litotrissia extracorporea, fino alle procedure endoscopiche e alle tecniche chirurgiche più complesse: il trattamento è modulato in base alle dimensioni, alla localizzazione e alla composizione del calcolo, nonché alle condizioni cliniche del paziente.
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Prevenzione come arma fondamentale
Un adeguato apporto di liquidi, una dieta equilibrata, il controllo delle patologie sottostanti e l’impiego di integratori (come citrato di potassio) o farmaci (diuretici tiazidici, agenti alcalinizzanti) risultano decisivi per ridurre le recidive. L’educazione del paziente a uno stile di vita sano e l’attento follow-up medico sono essenziali per mantenere stabili i risultati terapeutici ottenuti e preservare la funzione renale nel lungo termine.
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